Il 10 gennaio si svolgeranno in Kazakistan le elezioni per il Majilis, ovvero la Camera dei Deputati. Anche se i suoi poteri sono di fatto limitati dalla preponderanza dell’esecutivo, e pur essendo pressoché impossibile costituire un’opposizione parlamentare in Kazakistan, in questa occasione molti attivisti per i diritti civili del Paese hanno deciso di non boicottare le elezioni, ma di suggerire di votare per un partito almeno formalmente alternativo al partito dominante Nur Otan. Diventa quindi particolarmente importante che si possa svolgere un monitoraggio indipendente delle elezioni, per scongiurare gravi manipolazioni, assicurare la pubblicità dei risultati effettivi e proteggere osservatori e attivisti dall’eventuale repressione.
Intanto, la situazione dei diritti umani nel Paese rimane preoccupante, con almeno 28 prigionieri politici e 95 casi di persecuzioni politiche in corso. Il governo del Kazakistan fa inoltre uso di tecnologia cinese per il blocco o lo stretto controllo di Internet e dei social network, che costituiscono una fonte essenziale di informazioni in un Paese dove i media ufficiali sono esclusivamente pro-governativi, mentre la Commissione Elettorale Centrale ha imposto severe restrizioni ai diritti degli osservatori elettorali. Lo stesso ODIHR (l’Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani dell’OSCE – Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) potrà svolgere il proprio compito istituzionale di monitoraggio internazionale solo in un numero molto limitato di seggi elettorali.
Il 6 dicembre, un mese prima delle elezioni parlamentari, le autorità del Kazakistan – per la terza volta – hanno condotto un esperimento di blocco totale di Internet e dei social network. Il tentativo del 2019 di introdurre il cosiddetto “certificato di sicurezza del governo del Kazakistan” era stato criticato da Google, Apple e Mozilla. Questa volta un’innovazione tecnica potrebbe consentire alle autorità non solo di monitorare la comunicazione Internet dei propri cittadini, ma anche di modificarne il contenuto. Una legge in preparazione consentirebbe alle autorità anche di costruire facilmente procedimenti penali contro gli oppositori, ad esempio, cambiando contenuti penalmente irrilevanti in altri che possano configurare un’ipotesi di reato.
Il 6 dicembre, con l’esercitazione “Cyber Security di Nur-Sultan 2020“, i siti web di Facebook, Instagram e YouTube sono stati disabilitati. Allo stesso tempo, su richiesta del Ministero dello Sviluppo Digitale, dell’Innovazione e dell’Industria Aerospaziale del Kazakistan e del Comitato per la Sicurezza Nazionale (ex KGB), gli operatori di telefonia mobile hanno inviato SMS ai cittadini del Kazakhstan sulla necessità di installare un “certificato di sicurezza” su tutti i loro dispositivi. Questo tentativo di controllare completamente i dati personali degli utenti di Internet è stato spiegato dalle autorità come necessario a “garantire la sicurezza dell’archiviazione, del trattamento e della diffusione dei dati personali contenuti nelle risorse informative elettroniche”.
Con l’installazione del “certificato di sicurezza“, qualsiasi dispositivo connesso a Internet si consentirebbe ai servizi di sicurezza pieno accesso a corrispondenza personale, conversazioni telefoniche, password, transazioni bancarie, nonché la possibilità di modificare il contenuto del messaggio di un utente. L’uso di simili sistemi, già sperimentati dal regime cinese, sembra volto anche ad escludere i cittadini da informazioni indipendenti in particolare durante il periodo elettorale e a impedire di denunciare frodi elettorali o altre violazioni agli osservatori e alle istituzioni internazionali. Inoltre, con una nuova legge il diritto di osservare le elezioni è stato subordinato al rispetto di quattro nuovi criteri:
1. presentare un certificato di registrazione rilasciato dal Ministero della Giustizia e un documento che confermi che la loro organizzazione non è sospesa o in fase di chiusura;
2. indicare il “monitoraggio delle elezioni” come una delle forme di attività svolte dalla propria organizzazione e confermate nello statuto;
3. ottenere il permesso da parte dei cittadini al fine di pubblicare foto o registrazioni video;
4. astenersi da qualsiasi attività di streaming in diretta sui social media dai seggi elettorali.
Nelle ultime tre elezioni parlamentari – nessuna delle quali è stata riconosciuta come democratica dall’OSCE – il partito Nur Otar ha rivendicato una schiacciante vittoria con un sostegno ufficiale al partito che oscillava fra l’81% e l’88%. Recentemente, l’ex presidente Nursultan Nazarbayev (tuttora presidente del Consiglio di Stato e definito in Costituzione “leader della Nazione”, con molti poteri) ha annunciato che questa volta il partito dovrebbe raccogliere circa il 70% dei voti. Votando per i partiti ammessi alle urne diversi da Nur Otan, l’opposizione mira a dimostrare che Nur Otan non detiene il livello di sostegno che vanta di avere. Il regime, secondo molti osservatori, teme che – in caso la falsificazione venga provata – possa verificarsi uno scenario simile a quello della Bielorussia, con la comunità internazionale che definisca fraudolente le elezioni.
Nessun partito di opposizione è stato ammesso alle elezioni parlamentari del Kazakistan, a differenza di quanto avvenuto per le elezioni presidenziali di agosto in Bielorussia. I sei partiti ufficialmente registrati comprendono il partito al potere Nur Otan di Nursultan Nazarbayev e i suoi satelliti e un’opposizione simbolica, creata per dare una parvenza di competizione elettorale. I “partiti di opposizione” non cercano nemmeno il sostegno elettorale, temendo di inimicarsi il partito Nur Otan. Nel frattempo, la reale opposizione rimane esclusa dalla competizione con i due movimenti politici di opposizione, Scelta Democratica del Kazakistan e “Partiyasy Koshe” proibiti dalle autorità in quanto etichettati come “estremisti”. Le autorità del Kazakistan hanno inoltre deciso di vietare i finanziamenti alle ONG. Le autorità intendono introdurre un “registro unificato di accreditamento per le ONG” e un “registro dei benefattori”, che darà loro il pieno controllo sulle donazioni online alle ONG.