Chi è Ahmadreza Djalali
Ahmadreza Djalali è un cittadino iraniano di 46 anni che risiede in Svezia. È medico, docente presso il Karolinkska Institute di Stoccolma e ricercatore associato in medicina dei disastri presso il CRIMEDIM di Novara e la Vrije Universiteit di Bruxelles. Ha svolto ricerche nell’ambito della medicina d’emergenza, al fine di migliorare le capacità degli ospedali nei Paesi più poveri o nei Paesi colpiti da disastri e conflitti armati. Come dimostrano i numerosi appelli dei suoi colleghi, la sua attività scientifica gode di grande prestigio e la si può ritrovare tra le pubblicazioni scientifiche più rinomate a livello internazionale.
L’arresto e la carcerazione preventiva
Nell’aprile 2016 Ahmadreza Djalali si trovava in Iran perché invitato dall’Università di Teheran a svolgere un seminario sulla medicina dei disastri, per un corso di laurea magistrale. Prima di allora si era recato in Iran numerose volte, senza aver avuto alcun problema con le autorità locali. Il 24 aprile 2016, mentre si dirigeva a Karaj, veniva arrestato dagli agenti del Ministero dell’Intelligence, con l’accusa di “collaborazione con governi nemici”. Sua moglie racconta che dopo il suo arresto è stato tenuto in isolamento totale per tre mesi, per poi passare ad un isolamento parziale nella prigione di Evin. Durante la sua lunga detenzione, gli è stato negato un legale di fiducia, è stato sottoposto a torture psicologiche ed a intensi interrogatori. Inoltre, ha raccontato alla sua famiglia che, in ben due occasioni, è stato costretto sotto pesanti pressioni psicologiche a registrare false confessioni davanti ad una telecamera, leggendo dichiarazioni preparate da coloro che lo interrogavano. Secondo sua moglie, le sue condizioni sia fisiche che psicologiche sono estremamente compromesse dalla detenzione.
Il processo e la condanna a morte
Lo scorso 21 ottobre, Ahmadreza Djalali è stato condannato a morte a seguito di un processo tenuto a porte chiuse, che non ha rispettato i minimi standard internazionali di giustizia. La sentenza è stata pronunciata da un tribunale rivoluzionario che lo ha condannato per il reato di spionaggio. Nello specifico, è stato ritenuto colpevole di essere una spia di Israele. Ahmadreza Djalali ha sempre negato le accuse rivoltegli e, in segno di protesta verso la decisione del tribunale, ha condotto anche un lungo sciopero della fame.
La mobilitazione globale
Dal momento in cui la detenzione di Ahmadreza Djalali è stata resa pubblica, ONG, politici e organizzazioni scientifiche e di ricerca hanno lanciato appelli indirizzati al governo iraniano ed alle istituzioni europee.
APPELLO URGENTE PER IL DOTT. AHMADREZA DJALALI
S. E. Federica Mogherini
Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza
Vice Presidente della Commissione Europea
Rue de la Loi / Wetstraat 200 – 1049 Brussels
Roma, 05.02.2018
Egregio Alto Rappresentante e Vice Presidente Federica Mogherini,
Le scriviamo per esprimere la nostra profonda preoccupazione per il caso di Ahmadreza Djalali.
Abbiamo appreso che la revisione del caso del Dott. Djalali sarebbe stata rigettata dalla 33a sezione della Corte Suprema iraniana. Il rischio di una sua imminente esecuzione resta, quindi, molto alto. Il Dott. Djalali è ancora recluso nel carcere di Evin, le sue condizioni fisiche sono drammatiche e sta diventando di giorno in giorno sempre più magro e debilitato. Egli continua a rigettare tutte le accuse che gli sono state addebitate, comprese quelle che gli sono state attribuite dal Ministero dell’Intelligence attraverso un documentario diffuso dalla televisione di stato iraniana.
Il Dott. Djalali collabora con il Karolinska Institutet in Svezia a Stoccolma e con l’Università italiana del Piemonte Orientale a Novara, dove ha condotto ricerche per migliorare le risposte di emergenza degli ospedali al terrorismo armato e alle minacce radioattive, chimiche e biologiche. È stimato a livello internazionale e collabora regolarmente con i principali istituti di ricerca europei. Il contributo del Dott. Djalali in questo campo è innegabile. La sua ricerca innovativa è stata condotta in ambienti multiculturali e in collaborazione con colleghi e istituzioni di tutto il mondo, dai Paesi dell’Est all’Ovest. I suoi studi hanno portato alla pubblicazione di oltre quaranta articoli scientifici con lo scopo di migliorare la risposta alle emergenze, non solo nel suo Paese, in Iran, ma anche in Europa.
Il Dott. Djalali è stato arrestato in Iran nell’aprile 2016 e in seguito condannato per spionaggio, in assenza di prove materiali. Il processo, celebrato in segreto e modo frettoloso dalla Corte rivoluzionaria iraniana, si è svolto senza che alla difesa fosse consentito di esercitare il proprio ruolo. Il 21 ottobre, il Dott. Djalali è stato condannato a morte.
Secondo quanto riportato dal settimanale internazionale di scienza “Nature” (23 ottobre 2017), una fonte vicina al Dott. Djalali ha rivelato, attraverso un documento che pretende di essere una trascrizione letterale di un testo scritto da lui a mano all’interno della prigione di Evin, che nel 2014 è stato avvicinato da agenti dell’intelligence militare iraniana che gli chiedevano di raccogliere informazioni sui siti chimici, biologici, radiologici e nucleari occidentali, nonché sulle infrastrutture critiche e sui piani operativi antiterrorismo. Il documento afferma che il Dott. Djalali crede di essere stato arrestato per aver rifiutato di lavorare per i servizi iraniani.
La storia del Dott. Djalali ricorda quella di altri scienziati iraniani: Omid Kokabee, un fisico rilasciato da un carcere di Teheran nell’agosto 2016, dopo cinque anni di detenzione, che sostiene di essere stato punito per aver rifiutato di aiutare un programma segreto di armi nucleari, e Hamid Babaei, recluso da sei anni in Iran dopo aver seguito un dottorato di ricerca in finanza in Belgio, che ha dichiarato di essere stato arrestato per aver rifiutato di spiare i suoi colleghi.
Noi, firmatari di questo appello, consideriamo il problema sopra citato – in considerazione del numero sempre crescente di ricercatori iraniani in Europa, in ragione degli accordi bilaterali esistenti tra l’Iran e le università europee, soprattutto nel campo della scienza e della tecnologia – come un grave attacco contro i diritti e le libertà fondamentali, in particolare contro la mobilità accademica e la sua sicurezza. Crediamo che l’UE dovrebbe essere in prima linea negli sforzi internazionali per chiedere alle autorità iraniane un processo equo per il Dott. Djalali – in conformità con le convenzioni e i trattati internazionali, in particolare la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, di cui l’Iran è parte – dato che, oltre all’importanza di affermare il diritto di ogni cittadino a un giusto processo, solo un processo adeguato che rispetti tutti gli standard legali è in grado di stabilire l’eventuale responsabilità e colpa del Dott. Djalali e, in caso di sua innocenza, di mettere in guardia contro potenziali problemi alla sicurezza europea.
Chiediamo pertanto all’UE di agire con urgenza e compiere tutti i passi necessari ad ottenere una sospensione della pena e che gli siano assicurate le cure mediche più appropriate.
Grati per un Suo interessamento, La preghiamo, Signora Alto Rappresentante, di gradire i sensi della nostra considerazione.
FIDU – Federazione Italiana Diritti Umani
Nessuno Tocchi Caino
ECPM – Ensemble Contre la Peine de Mort
Iran Human Rights
Si uniscono all’appello:
Sen. Elena Cattaneo
Sen. Luigi Manconi
Sen. Elena Ferrara
Sen. Francesco Palermo
Sen. Paolo Corsini
Sen. Sergio Lo Giudice
Sen. Luis Alberto Orellana
Sen. Lorenzo Battista
Sen. Erica D’Adda
Sen. Francesco Scalia
Sen. Stefania Pezzopane
Sen. Silvio Lai
Sen. Laura Puppato
Sen. Vannino Chiti
On. Pia Locatelli
On. Roberto Rampi
Prof. Francesco Della Corte, CRIMEDIM Director – Università del Piemonte Orientale
Prof. Ole Petter Ottersen, Vice-Chancellor at Karolinska Institutet
ALTRI IMPORTANTI APPELLI
The Committee of Concerned Scientists
The European Universities Association
134 Premi Nobel hanno firmato una lettera per la sua liberazione
Firma qui la petizione!
Anche tu puoi sostenere la campagna #SaveAhmad. Scrivici all’indirizzo info@fidu.it per saperne di più!
La Federazione Italiana Diritti Umani si oppone incondizionatamente alla pena di morte. In questo caso specifico, considera la detenzione di Ahmadreza Djalali una palese violazione dei diritti fondamentali e della libertà di ricerca accademica. Alla luce delle informazioni sopra menzionate, la Federazione Italiana Diritti Umani chiede alle autorità iraniane di ritirare immediatamente la condanna a morte di Ahmadreza Djalali e chiede che tutti i suoi diritti fondamentali, così come dichiarato nelle convenzioni internazionali, vengano rispettati, il suo stato fisico e mentale durante la detenzione sia salvaguardato e l’accesso ad un’effettiva tutela giudiziaria gli venga garantito.