LA PENA DI MORTE E LA CAMPAGNA PER LA SUA ABOLIZIONE NEL MONDO

La FIDU è impegnata nella campagna per l’abolizione universale della pena di morte.

Grazie all’impegno di una rete mondiale di forze abolizioniste, di cui la FIDU fa parte, ad oggi, oltre la metà dei Paesi del mondo ha cancellato la pena capitale per ogni reato dal proprio sistema giudiziario. Nonostante restino sempre preoccupanti i dati relativi alle esecuzioni che si consumano ogni giorno in alcuni Paesi del mondo, resta indubbia la tendenza mondiale verso l’abolizione.

LE CIFRE

I Paesi che hanno deciso di abolire la pena di morte per legge o in pratica sono 162. Nello specifico:

106 Paesi completamente abolizionisti
7 Paesi abolizionisti per crimini ordinari
6 Paesi che attuano una moratoria delle esecuzioni
43 Paesi abolizionisti di fatto, cioè che non eseguono sentenze capitali da oltre dieci anni o che si sono impegnati internazionalmente ad abolire la pena di morte.

38 sono invece i Paesi che ancora mantengono la pena di morte (*).

Nel 2016, si è registrata una diminuizione del numero delle esecuzioni rispetto agli anni precedenti. La maggioranza delle condanne a morte è stata compiuta in Cina, Iran ed Arabia Saudita.
La Cina è considerato il primo Paese ad eseguire condanne a morte, nonostante non sia possibile avere un quadro reale delle esecuzioni poiché esse sono ancora considerate segreto di Stato.

LA PENA DI MORTE NEI PAESI DEMOCRATICI

Nonostante a compiere più esecuzioni siano Paesi governati da forze totalitarie, la realtà della pena di morte riguarda anche le cosidette democrazie liberali, ovvero quei Paesi il cui sistema politico ha come obiettivo il rispetto dei diritti umani. Nel 2016 sono stati 4 gli Stati democratici che hanno praticato la pena di morte: Stati Uniti, Giappone, Botswana, Taiwan.

LA PENA DI MORTE NELLA LEGGE ISLAMICA

La shari’a, o legge islamica, è un sistema di norme di comportamento che sovrintende ogni aspetto della vita di ciascun musulmano, inclusi i rapporti all’interno e all’esterno della comunità dei credenti (ummat al-Islamiya). Il suo compito è di preservare i cinque elementi definiti essenziali (al-daruruyyãt al-khamsa) per il benessere dell’individuo, vale a dire la religione, la vita, l’intelletto, la prole e la proprietà. Tuttavia, la sua ragion d’essere non si limita alla sfera del singolo, ma abbraccia anche l’interesse pubblico (al-masalih), che deve essere protetto da qualsiasi minaccia suscettibile di metterne a repentaglio l’equilibrio. La fonte più importante della shari’a è il Corano, ma quella più corposa è data dall’interpretazione degli ahadith che il Profeta ha trasmesso in forma orale, cioè esempi di vita che Maometto riteneva dovessero essere presi a modello. Una fonte secondaria di derivazione della legge islamica risiede nei metodi sviluppati per trovare nel Corano e negli ahadith risposte ai nuovi problemi legati alla modernità. Da questo lavoro di esegesi prendono origine le diverse scuole d’interpretazione della legge islamica, che sono principalmente cinque:

Hanafita (sunnita)
Malikita (sunnita)
Shafi’ita (sunnita)
Hanbalita (sunnita)
Ja’fari (sciita)

Nell’ambito di questo complesso sistema la pena di morte è presentata come un deterrente, un antidoto alla diffusione dei crimini e dei peccati all’interno dell’Islam.

I CRIMINI PUNITI CON LA PENA CAPITALE NELLA GIURISPRUDENZA ISLAMICA

Nella giurisprudenza islamica (fiqh) esistono tre categorie di crimini puniti con la pena di morte:

• L’omicidio, che rientra nel novero dei crimini la cui sanzione segue il principio “occhio per occhio” (Qisas).
• I crimini per i quali il Corano e gli ahadith prevedono pene (Hudud=limite) che il giudice non può modulare perché sarebbero ordinate da Dio. La pena di morte riguarda l’apostasia (riddah), l’adulterio (zina) e la “guerra contro Dio” (hirabah). Quest’ultima definizione comprende crimini che, per la loro violenza o per il fatto di portare corruzione sulla Terra, sono considerati come una dichiarazione di ostilità nei confronti di Dio. Il terrorismo ne è un esempio; ma si tratta di una categoria che si presta facilmente alla politicizzazione e può essere usata dai governi per silenziare le opposizioni.
• I crimini detti Ta’zir, per i quali la condanna, che può consistere anche nella pena di morte, è discrezionale e deriva da una decisione del giudice. Sono reati che non presentano i requisiti tecnici per rientrare in una delle due categorie appena descritte, come ad esempio il tentativo di adulterio.

La pena di morte nell’ambito della shari’a è pertanto inflitta in un numero limitato di casi, considerati particolarmente gravi. Tuttavia in molti Paesi musulmani il diritto penale si spinge oltre le prescrizioni della legge islamica e prevede la pena di morte anche per omosessualità, stregoneria, reati legati alle droghe.

“Non si può insegnare a un popolo a ripudiare l’omicidio, se lo Stato stesso ne fa uso” (C. Beccaria)

Molti sono i motivi per abolire la pena capitale:

• È una punizione crudele, disumana, degradante;
• È incompatibile con il rispetto della dignità umana;
• Non è un deterrente contro i crimini;
• La sua applicazione è soggetta ad errori volontari ed involontari;
• Non è meno costosa della detenzione;
• Si configura come strumento di discriminazione sociale poiché ad essere giustiziati sono in larga maggioranza persone che appartengono alle classi sociali più deboli.

Al di là di queste argomentazioni, ce n’è una che riteniamo essere più forte di tutte perché vale per tutti i casi ed è quella di non accettare che uno Stato possa disporre della vita dei propri cittadini, così come affermato da Cesare Beccaria nella sua opera Dei Delitti e delle Pene, in cui viene sottolineata proprio l’assurdità di uno Stato che pur condannando l’omicidio, ne commette uno in nome della giustizia.

Tra le azioni della FIDU a sostegno della campagna contro la pena di morte, oltre al monitoraggio, agli appelli, alla sensibilizzazione diretta a governi e organismi internazionali, vi è il lavoro costante di informazione e formazione, che si inserisce nel quadro più ampio dell’educazione ai diritti umani.

(*) Fonte: Nessuno Tocchi Caino