Il 10 ottobre si celebra la Giornata mondiale contro la pena di morte, un evento promosso dalla WCADP (World Coalition Against the Death Penalty) di cui la FIDU è membro, che unisce il movimento abolizionista globale, costituito da organizzazioni della società civile, autorità locali e regionali, avvocati e attivisti per sostenere la richiesta di un’abolizione universale della pena capitale.
Quest’anno, la giornata del 10 ottobre sarà dedicata a tutte quelle donne che rischiano di essere condannate a morte, che sono state giustiziate, che hanno avuto la commutazione, l’esonero o la grazia della pena.
Nonostante le donne rappresentino la minoranza di tutti i prigionieri condannati a morte, i crimini per i quali sono accusate e poi condannate rivelano alla base un pregiudizio di genere. Le donne, afferma Eleonora Mongelli, vicepresidente della FIDU, si trovano a affrontare un’applicazione sproporzionata e discriminatoria della pena di morte. È dimostrato che esse spesso sono giudicate non solo sulla base del presunto crimine, ma anche sulla percezione che la società ha di loro e quindi per non aver adempito i tradizionali ruoli di genere. Per le donne accusate di reati capitali, la condizione di discriminazione di cui già sono vittime, spesso aggravata da violenza di genere, le espone a forme di disuguaglianza strutturale. Tale discriminazione può generare attenuanti che, quasi sempre, non vengono considerati durante il processo, come ad esempio l’essere vittime di violenze e abusi.
La pena di morte in cifre:
- 55 stati ricorrono ancora alla pena di morte;
- Nel 2020, i 5 paesi con più esecuzioni sono stati: Cina, Iran, Egitto, Iraq e Arabia Saudita;
- La Bielorussia resta l’unico paese in Europa a ricorrere alla pena di morte;
- 109 stati hanno abolito la pena di morte per tutti i reati;
- 28 stati sono abolizionisti de facto.
- 100 donne sono state giustiziate tra il 2008 e il 2018;
- Su 483 persone giustiziate nel 2020, 16 erano donne: 4 in Egitto, 9 in Iran, 1 in Oman e 2 in Arabia Saudita.